Le banche di tutto il mondo sono in crisi di credibilità. E così le persone che hanno bisogno di prestiti ne fanno a meno, organizzandosi tra di loro e tramite il web. Il sistema è simile a quello del P2P, ovvero dello scambio di file musicali peer to peer che ha fatto la fortuna di siti web come Napster.
Il fenomeno ha un nome tecnico: «disintermediazione bancaria» ed è cominciato soltanto nel 2006, sta assumendo dimensioni economiche di rilievo in Paesi come la Gran Bretagna, dove nel 2011 ha mosso denaro di privati per oltre 100 milioni di euro e ha ricevuto stanziamenti governativi per una cifra paragonabile, e gli Usa, dove il fatturato è stimato intorno al miliardo.
Qualche informazione in merito l’hanno Massimo Amato e Luca Fantacci nel loro blog AltraFinanza sulle pagine de Linkiesta, dove di questi argomenti parlano di frequente. Nel loro articolo dello scorso 14 aprile hanno citato il caso di un noto finanziere: «John Mack è stato amministratore delegato di Morgan Stanley, una delle principali banche d’investimento americane. Venne soprannominato “Mack the Knife” per aver usato l’accetta nel tagliare costi e personale nel tentativo di migliorare la profittabilità della banca. Nell’aprile 2012, Mack è entrato nel consiglio direttivo di Lending Club. Altri investitori della City stanno entrando nel settore come prestatori. Quando anche i banchieri cominciano a pensare che la disintermediazione bancaria sia un trend ineluttabile dell’industria finanziaria, c’è da preoccuparsi».
All’origine del meccanismo c’è la constatazione che le banche, in quasi tutto il mondo, svolgono attività che hanno poco a che fare con quelle dei cittadini comuni. Sono pronte a prestare denaro a palate (miliardi di euro, quasi a fondo perduto) a pochi grossi finanzieri, ma quando si tratta di dimensioni di centinaia di migliaia o di pochi milioni di euro, come possono chiedere i piccoli imprenditori per le loro aziende o i privati per comprarsi una casa… be’, in quel caso le banche chiedono garanzie su garanzie, e magari alla fine negano lo stesso il prestito.
E così il cittadino normale finisce con il rivolgersi altrove, in quel mercato al limite della legalità costituito dalle società finanziarie dubbie e dagli usurai.
Il sistema della disintermediazione bancaria utilizza internet, e mette in contatto diretto privati con privati. I tassi di interesse praticati sono, in Gran Bretagna, Usa e Cina, intorno al 15-20% (cioè, all’atto pratico, concorrenziali se non minori con quelli praticati dalle banche tradizionali) e le cifre movimentate sono limitate – in maniera che sia in caso di guadagno sia di perdita non si mettano a repentaglio né i patrimoni dei creditori né quelli dei debitori.
Il sistema teorico di riferimento è quello di Muhammad Yunus e della sua Grameen Bank, cioè la banca di villaggio che in Bangladesh e India concede prestiti tra i 10 e i 100 euro agli abitanti dei villaggi. Yunus, su questa idea, ha vinto il premio Nobel per la Pace nel 2006 (come dice tra l’altro la pagina a lui dedicata dalla Wikipedia) e la sua organizzazione ha un tasso di sofferenze, cioè di prestiti che non riesce a recuperare, minore del 2%… proprio niente a che vedere con le banche più famose (o famigerate) che sono in perdita per centinaia di miliardi.
http://www.linkiesta.it//banche-prestito
http://it.wikipedia.org/wiki/Muhammad_Yunus