Dalla Sicilia arriva una storia a lieto fine di tutela del consumatore contro le pratiche aggressive e ingannevoli delle aziende: il Giudice di Pace di Catania ha annullato un contratto da 4.000 euro per un trattamento contro la caduta dei capelli pubblicizzato come miracoloso, di cui il cliente aveva chiesto la disdetta.
È un precedente legale importante, perché in precedenza la pubblicità ingannevole veniva sanzionata soltanto con multe alle aziende, con i consumatori costretti comunque a onorare il contratto.
Confconsumatori, che ha assistito la vittima, ci racconta com’è andata.
Un ragazzo di 20 anni, attirato da un messaggio pubblicitario passato in radio, si è recato presso un centro estetico che reclamizzava grandiosi risultati ottenuti con i loro trattamenti per i capelli. Il ragazzo, nonostante avesse un cuoio capelluto in ottima salute, si è fatto attirare dalla pubblicità; al centro estetico gli hanno detto che nel giro di 10 anni sarebbe diventato calvo. Per «salvarlo» dall’imminente calvizie gli hanno proposto il loro trattamento brevettato, definito come «trattamento cosmetricologico», al costo di 4.000 euro.
Il ragazzo lì per lì ha firmato il contratto, ma il giorno successivo si è accorto di essersi lasciato suggestionare. Allora ha inviato la lettera di disdetta che, però, non era stata accettata dal centro estetico (non essendo esperibile il diritto al ripensamento).
Si è rivolto, quindi, alla Confconsumatori che spiega: «Il trattamento proposto è lo stesso utilizzato per svariate tipologie di casi, indipendentemente dalla causa, fisiologica o patologica (si possono verificare perdita o debolezza dei capelli), che portò nel 2009 l’Antitrust a sanzionare pesantemente la condotta commerciale scorretta della stessa società. Il Giudice ha stroncato le illegittime pretese del centro estetico, sia sotto il profilo contrattuale perché la disdetta era intervenuta prima dell’accettazione del professionista, sia nel merito ritenendo comunque il contratto viziato da dolo perché il comportamento commerciale ingannevole della società ai sensi degli artt. 19, 20 e 21 del Codice del Consumo ha indotto il consumatore a sottoscriverlo».
«La questione – hanno dichiarato l’avv. Maurizio Mariani che ha assistito in giudizio il consumatore e l’avv. Carmelo Calì, Presidente di Confconsumatori Sicilia – riveste particolare importanza viste le conseguenze certamente pratiche che ne derivano, anche su vasta scala. Infatti, poichè viene finalmente stabilita la correlazione tra condotta commerciale scorretta sanzionata dall’Antitrust (che di per se condurrebbe solo ad una sanzione amministrativa) e annullabilità di un contratto per dolo, il principio è utilizzabile in tutti gli altri e frequenti casi (ad esempio telefonia, offerte commerciali, ecc…) in cui i consumatori sono stati indotti a concludere un contratto che, senza le condotte commerciali scorrette adottate, non avrebbero concluso».