Biocombustibili, anche il pellet deve essere di qualità

Dal 1 ottobre si può bruciare solo pellet di qualità contraddistinto dal marchio ENplus

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Biocombustibili, anche il pellet deve essere di qualità

Per il pellet è in vigore dal 1° ottobre un nuovo obbligo di utilizzo in Pianura Padana. Da quella data si può bruciare solo pellet di qualità contraddistinto dal marchio ENplus, certificazione leader a livello mondiale.

Il marchio garantisce la conformità alla normativa europea Uni En Iso 17225-2. Il suo impiego è previsto dall’accordo del Bacino Padano (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna) per quanto concerne i biocombustibili dei generatori di calore con potenza termica nominale inferiore ai 35 kW. È importante, dunque, controllare che sui sacchi vi sia il marchio ENplus, ma non solo, anche che sia di prima categoria e cioè classificato A1.  In relazione alle sue caratteristiche chimico-fisiche, infatti, oltre all’A1 esiste un pellet di classe A2 ancora in uso nelle regioni non comprese nel bacino padano e un pellet industriale di classe B. Nel 2017, in Europa, l’Italia è stata il maggior consumatore di pellet per uso domestico, con 3 milione di tonnellate, davanti alla Francia, in crescita di pari passo con l’aumento delle vendite delle relative caldaie. Per Coop l’incremento è stato per il pellet pari a diverse decine di punti percentuali in un solo anno.

Il pellet naturale e certificato ha emissioni minori fino a dieci volte rispetto alla legna, a meno che al suo interno non finisca del veleno come la resina industriale. Ma per sua natura il pellet, come previsto dalla normativa europea, deve essere fatto con legno vergine che ha subito unicamente trattamenti di tipo meccanico, dunque niente scarti di falegnameria verniciati o incollati. Chi opta per la legna, sa che quella da ardere deve essere stagionata e secca. Meglio perciò acquistarla l’anno prima per quello dopo, metterla all’esterno in un luogo ben arieggiato e coprirla ma in modo che non ammuffisca. Miniguida alla scelta di un buon pellet Per essere sicuri che il pellet sia davvero certificato non basta che vi sia il marchio.

Quest’ultimo deve essere accompagnato da un numero identificativo dell’azienda, altrimenti non ha alcuna validità. Il numero è formato da due lettere che indicano il  paese di provenienza (IT per l’Italia) e da tre cifre che identificano: fino a 299 i produttori, oltre 300 gli importatori. Per essere di buona qualità, poi, non è sufficiente come molti credono la distinzione tra pellet chiaro e pellet scuro (il colore può dipendere dal tipo di essiccatoio).La cosa più importante è prendere in mano il sacco e vedere quanti residui di pellet sbriciolato ci sono: se sono molti, il prodotto è di scarsa qualità e ha subito lunghi spostamenti. Informazioni utili provengono inoltre dall’etichetta. I parametri più importanti sono il residuo di ceneri, che per avere la certificazione deve essere inferiore a 0,7, il potere calorifero che deve essere superiore a 4,6 e l’umidità che va mantenuta più bassa del 10%.

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