Se non salviamo l’acqua anche la birra diventerà un lusso. Al bancone del pub si potrà avere fra le mani solo un bicchiere di luppolo secco o una bevanda dall’aspetto repellente, mentre la vera birra di qualità sarà un lusso per pochissimi eletti.
Con l’immagine di una birra che rischia di diventare “storia” e di sparire da qui al 2027 una coalizione di oltre cento organizzazioni non governative ha lanciato la campagna #ProtectWater per chiedere la tutela delle risorse idriche e la corretta applicazione della Direttiva Acque che regola la materia in Europa. Senza acqua di qualità non ci sarà neanche la birra. Il messaggio è alla base di un video destinato ai social nell’ambito della campagna, che in Italia è seguita dalla Coalizione “Living Rivers” Italia (ne fanno parte sigle diverse, Arci e Italia Nostra, Legambiente, WWF e Slow Food fra gli altri) e chiede alla Commissione Europea di ribadire l’efficacia della Direttiva Acque che fino ad oggi ha consentito di proteggere fiumi, laghi, torrenti, zone umide e falde acquifere, invitando gli Stati Membri di applicarla con rigore. La Campagna europea è guidata da WWF, European Environmental Bureau, European Anglers Alliance, European Rivers Network e Wetlands International, che insieme formano la coalizione “Living Rivers” Europe e vuole incoraggiare i cittadini europei a partecipare alla consultazione pubblica avviata dalla Commissione europea che si protrarrà fino al 4 marzo 2019. Un’opportunità perché anche i cittadini facciano sentire la propria opinione. La birra serve dunque come spunto per parlare di acqua, mentre alcune aziende della birra hanno sottoscritto una dichiarazione comune per prendere posizione in favore della tutela dell’acqua e quindi di una gestione sostenibile delle risorse idriche in Europa. A rischio ci sono prima di tutto gli ecosistemi d’acqua dolce e i fiumi. Il 60% delle acque in Europa, dice il WWF, non è in buono stato di salute perché sovrasfruttato. Attraverso la consultazione pubblica gli Stati membri, spiega il WWF, hanno convenuto di porre fine a questo aspetto e di raggiungere “un buono stato” per le loro acque al più tardi entro il 2027 (la scadenza originale del 2015 non è stata rispettata). “Il nodo non è cambiare la Direttiva, ma applicarla correttamente e pienamente in tutti gli Stati Membri – spiega l’associazione ambientalista – Il 2027 è anche indicato ironicamente dalla Campagna #ProtectWater come “data di scadenza” immaginaria per una birra di qualità”. In Italia meno della metà dei fiumi è in buono stato. “Solo il 43% dei 7494 fiumi considerati è in un “buono stato ecologico”, come richiesto dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE), mentre il 41% è ben al di sotto dell’obiettivo di qualità e un 16% non è stato nemmeno classificato – spiega il WWF -Ancora più grave la situazione dei 347 laghi, di cui solo il 20% è “in regola” con la normativa europea. La fauna ittica ne è un indicatore: su oltre 80 specie di pesci, il 52% non appartiene alla fauna nostrana (alloctona) e nel restante 48% molti pesci sono estinti o sull’orlo dell’estinzione, come lo Storione (Acipenser sturio), lo Storione cobice (Acipenser naccarii) o la Lampreda di fiume (Lampetra fluviatilis). Non va meglio per le acque sotterranee dove solo il 57% dello stato chimico degli 869 corpi idrici considerati è buono, e una gran parte non è nemmeno classificato”.