Il valore ridicolo dell’e-commerce italiano

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Le aziende italiane che fanno commercio elettronico, ossia distribuiscono prodotti via internet, aumenteranno il loro fatturato del 35% nel 2012 rispetto al 2011. Potrebbe sembrare una bella notizia, soprattutto in un momento di crisi come quello attuale in cui il prodotto interno lordo italiano è in calo. Invece si tratta quasi di uno scherzo.

Basta vedere i numeri: l’e-commerce italiano ha un valore complessivo di circa 11 milioni di euro. Nel 2011 erano 8,1 milioni – per cui l’aumento è consistente. Nel 2004, anno in cui sono cominciate le rilevazioni, il valore complessivo era inferiore ai 2 milioni, per cui da allora l’aumento è stato di oltre il 500%…

Ma dai, su, non scherziamo. Ci sono negozi singoli (di vendita tradizionale, non elettronica) che da soli hanno fatturati superiori.

Lo studio sull’e-commerce italiano (quindi non Amazon e non eBay, che sono siti stranieri pur avendo una base ormai ben strutturata anche in Italia) è stato effettuato dall’Isbl, Istituto Bruno Leoni di Torino, qui il sito web, ed è stato pubblicato tra gli altri da Stefano Righi sul CorrierEconomia cartaceo dello scorso 10 dicembre. I dati fino al 2011 sono quindi certi mentre quelli del 2012 sono proiezioni, supportati dal desiderio che il periodo natalizio risvegli i consumi.

Secondo Carlo Castagnaro, direttore delle ricerche dell’Isbl, l’e-commerce italiano ha soprattutto 2 difficoltà: la scarsa diffusione di internet nel nostro Paese e la diffidenza dei clienti nei confronti delle carte di credito.

Per quanto riguarda la diffusione di internet, il nostro ritardo sta diventando cronico. Nei 27 Paesi della Ue il web è utilizzato abitualmente dal 71,5% della popolazione, da noi arriva a malapena al 58,7%.

Incidentalmente, le nazioni dove più si usa il web sono anche quelle meno in difficoltà dal punto di vista economico: 1° Paese della Ue è infatti la Svezia, dove il 92,9% delle persone usa internet, 2ª l’Olanda, 3ª la Gran Bretagna, 4ª la Germania – tutte ben oltre l’82%.

Uno dei motivi del ritardo italico, secondo l’Isbl, è l’inadeguatezza dell’infrastruttura, perché, dice il presidente Stagnaro, «la banda larga non raggiunge tutta la Penisola, una terra lunga, stretta e montuosa. La caduta del collegamento nel momento del pagamento genera, anche nelle generazioni più giovani, uno stato d’ansia che non favorisce la fiducia nel commercio elettronico».

La spiegazione geografica non sembra però del tutto adeguata. La Svezia ha una conformazione territoriale ancora peggiore dell’Italia, per esempio, ed è molto più vasta… eppure là la banda larga c’è!

Per quanto riguarda i pagamenti con carta di credito, secondo l’Isbl le ragioni sono culturali. Gli italiani preferiscono il metodo di pagamento contrassegno al postino rispetto alla moneta elettronica. Come dice Stagnaro: «Ma il contrassegno incide molto sui costi, soprattutto per oggetti di piccolo valore».

Ma con le truffe, come la mettiamo? Truffe sulle carte di credito, alti costi delle commissioni, difficoltà ad avere fidi dalle banche in caso di sforamenti… Con tutto questo pregresso, e con pochi soldi in tasca, è quasi ovvio che i clienti non vogliano pagare se non dopo aver visto il prodotto concreto, ovvero il pacco che arriva a casa.

Ok, si è capito. L’infrastruttura telefonica italiana è inadeguata, la gente è sfiduciata dall’alta diffusione dei comportamenti scorretti, e quindi… quasi nessuno compra prodotti in internet. In 8 anni di e-commerce, il fatturato delle aziende sarà pure cresciuto di 5 volte – ma 5 volte quasi niente è ancora quasi niente.

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