La ristorazione che cambia, Fipe: più attenzione a salute e benessere.

Gli italiani sono sempre più attenti alla salute e al benessere.

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La ristorazione che cambia, Fipe: più attenzione a salute e benessere.

Gli stili di vita alimentare degli italiani sono profondamente cambiati negli ultimi anni: si cucina sempre di meno e il tempo a disposizione stringe. Ma questo non significa che il cibo non sia importante per gli italiani sempre più attenti alla salute e al benessere.

E così la ristorazione ha deciso di rispondere al mercato. In occasione della presentazione a Roma del Rapporto Ristorazione della Fipe, è stato lanciato il protocollo di intesa che la federazione ha siglato con il ministero della Salute per avviare una collaborazione  per promuovere un’alimentazione sempre più sicura e attenta ai nuovi stili di vita. ”Le persone mangiano sempre più spesso fuori casa, per lavoro e per svago, ed è essenziale promuovere attivamente l’educazione alimentare e i corretti stili di vita in tutte le età – ha detto il ministro della Salute Giulia Grillo – Per questo motivo ho firmato un protocollo con la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, la maggiore associazione di categoria nel campo della ristorazione”. “Il cambiamento dei ritmi e degli stili di vita sta modificando sensibilmente le nostre relazioni con il cibo come emerge dal rapporto Fipe – ha commentato Lino Enrico Stoppani, presidente della Federazione – imponendo alle nostre imprese un supplemento di responsabilità per garantire qualità, sicurezza alimentare e salute. In questo senso i ristoranti sono luoghi fondamentali per promuovere i corretti stili alimentari: il protocollo di intesa ne è la testimonianza”. Per gli italiani il cibo è il driver di benessere e salute. E così il cibo fuori casa assume una valenza salutistica non indifferente. Anche perché la Fipe fa notare come i consumi alimentari fuoricasa si attestino al 36% del totale alimentare , con un valore aggiunto di 43,2 miliardi di euro. Le realtà attive, per esempio bar e ristoranti, sono 333.647 con positive prospettive occupazionali. Secondo il rapporto il 97,1% degli intervistati è consapevole del fatto che la nostra salute e il nostro benessere dipendono da ciò che mangiamo. Il 71,8% degli intervistati si informa, durante la scelta del piatto, sulla qualità e la provenienza dei prodotti utilizzati, e più dell’89,1% ritiene che anche i locali siano più attenti a offrire alla clientela piatti salutistici. Gli italiani consumano inoltre meno carne rossa e meno sale. Basti pensare che dal 2005 al 2018 la quota di persone che consuma carni bianche almeno una volta a settimana si è mantenuta intorno all’80%, mentre quella sul consumo di carne rossa è passato dal 73% al 59%. “Il menu salutista in aggiunta al menu standard sono caratteristiche classiche dei nostri ristoranti -ha sottolineato Stoppani- E interesse del consumatore accontentare il cliente e andare incontro al mercato. La concorrenza è spietata e avviene sul prezzo ma anche sul fronte della qualità, dell’attenzione alla salute e all’ambiente”. Il cibo è anche etica. Il 41,6% dei rispondenti dichiara di aver acquistato o consumato nel corso del 2018 prodotti alimentari per motivazioni di tipo etico o sociale. E gran parte di questa fetta di consumatori è anche disposta a spendere di più per questi prodotti. Gli italiani sono anche meno spreconi a tavola: la quasi totalità del campione è abituato a congelare il cibo e l’82,8% riutilizza gli avanzi cucinati nei giorni precedenti. E la ristorazione ha saputo rispondere. Il rapporto evidenza come per un ristoratore su due lo spreco di cibo al ristorante è molto rilevante. La percentuale arriva all’80% se si considerano anche i ristoratori che ritengono lo spreco abbastanza rilevante. La fase del processo di produzione ed erogazione del servizio nella quale si concentrano maggiormente gli sprechi è proprio quella del consumo. Si esprime in tal senso il 51,6% dei ristoratori intervistati. Ciò significa che il piatto ordinato e portato a tavola viene consumato solo in parte mentre quello che resta finisce nella spazzatura. Il cibo ridato e non consumato non è poco. Per il 14,3% del campione è molto e per il 40,5% è abbastanza. E sono in pochi a portarsi via il cibo avanzato. Perché? Secondo un ristoratore su due per imbarazzo a cui seguono scomodità (19,5%) e indifferenza (18,3%).

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