Cifre esatte è difficile formularne, ma quel che è certo è che ci riferiamo a problematiche che, anche se con gradazioni assai diverse tra loro, riguardano milioni di persone.
Parliamo di allergie e intolleranze, soprattutto alimentari, che affliggono bambini e adulti. Le autorità sanitarie concordano sul fatto che si tratti di fenomeni tutti in aumento. Sulle allergie (alimentari) la Società italiana di allergologia parla di 600 mila bambini colpiti e di 1 milione e 300 mila adulti. Secondo dati Istat del 2008 i colpiti da allergia sono il 9,6% nella fascia da zero a 14 anni e il 12,8% nella fascia da 15 a 24 anni. Se si considera il discorso delle allergie del tratto respiratorio, legato all’inquinamento dell’aria delle città in cui viviamo, statistiche riferite a diversi paesi europei (specie del nord) danno una cifra tra il 20 e il 25% della popolazione colpita. Ovviamente se il discorso passa dalle allergie alle intolleranze (e poi vedremo nel dettaglio quale sia la differenza), il numero degli interessati va moltiplicato di svariate volte. Se sui celiaci, i dati sono ufficiali, cioè 600 mila persone, su altre problematiche le stime sono più difficili da formulare. Stime di Rem Lab dell’Università Cattolica, indicano gli intolleranti al lattosio nel nostro paese in alcuni milioni di persone. Cifre da capogiro. Tra gli alimenti che più di frequente possono essere causa di allergie e intolleranze stanno frutta, legumi, pomodoro, poi crostacei e molluschi, le uova, il latte ed i cereali. È evidente che tra forme di allergia che possono avere conseguenze gravissime per chi ne è colpito e forme di intolleranza lieve, c’è una distanza enorme. Ma è altrettanto evidente che queste problematiche, anche per la crescente attenzione che tutti giustamente pongono non solo sui temi della salute ma più in generale del loro benessere, sono sempre più al centro dell’attenzione. E si incrociano con le scelte sugli alimenti da consumare e utilizzare. Anzi, un numero crescente di persone, sceglie di mangiare alimenti senza un qualche componente (come il glutine o il lattosio), non tanto perché ha un problema esplicito, ma perché ritiene che il proprio benessere tragga vantaggio da questa scelta. A corollario di queste considerazioni c’è poi il fiorire di test che promettono di scoprire allergie e intolleranze, e che non sempre rispondono a criteri scientifici certi. Proprio per questo abbiamo cercato, grazie al contributo di alcuni medici della Società Italiana di allergologia e immunologia pediatrica (Siaip), che sono il suo presidente dottor Roberto Bernardini e la dottoressa Iride Dello Iacono, di capire bene di cosa si sta parlando e come conoscere ed affrontare il problema. Allergie ed intolleranze alimentari. Di che fenomeni si tratta? Il termine “Allergia Alimentare” indica una risposta immunitaria nei confronti di un alimento, con effetti nocivi per la salute. Tale manifestazione può essere immediata o ritardata nel tempo. Le reazioni allergiche riconducibili al primo tipo sono caratterizzate da una comparsa precoce dei sintomi, da pochi minuti a massimo due ore dopo l’assunzione di quel determinato alimento. I sintomi possono essere di tipo lievi-moderati fino a essere pericolosi per la vita. Essi sono rappresentati da orticaria, angioedema, rinocongiuntivite, vomito, dolori addominali, fino al grave quadro dell’anafilassi. Le forme ritardate di reazione allergica, si manifestano invece con sintomi che compaiono dopo qualche ora dalla introduzione dell’alimento e, nella stragrande maggioranza dei casi, sono a carico dell’apparato gastroenterico. Esistono, poi, forme miste: a questo gruppo appartiene la dermatite atopica. Bisogna precisare che l’espressione “Intolleranze Alimentari”, allo stato attuale, si riferisce alle reazioni avverse agli alimenti su base non immunitaria. Appartengono a questo gruppo le manifestazioni da causa enzimatica (ad es. l’intolleranza al lattosio), farmacologica (ad es. gli effetti della caffeina), tossica (ad es. la sindrome sgombroide da tossine ittiche) o idiopatica, ossia non ancora ben definita (ad es. da solfiti). Per alcune di queste intolleranze esistono specifici test diagnostici (ad esempio il test di provocazione orale con additivi e coloranti) validati scientificamente. È vero che siamo di fronte ad un aumento di queste problematiche e se sì per quali motivi? Negli ultimi 10-15 anni l’allergia alimentare ha subito un notevole incremento nel mondo, al punto che questo fenomeno è stato definito come la seconda ondata epidemica allergica (la prima aveva riguardato le manifestazioni allergiche respiratorie). L’aumento d’incidenza dell’allergia alimentare è stato posto in relazione con i cambiamenti nello stile di vita moderno, che comprendono anche nuovi modelli alimentari, oltre che mutamenti della flora batterica commensale e l’inquinamento atmosferico. Quali test esistono per verificare queste problematiche e che grado di attendibilità hanno? I test acquistati in Internet quale valenza hanno? Le forme di allergia alimentare che si manifestano subito dopo l’assunzione di un alimento possono essere studiate mediante i test cutanei (cosiddetti prick test) e sierologici. Essi consentono di identificare la sensibilizzazione nei confronti dei vari alimenti che possono comportarsi come allergeni. La conferma diagnostica dell’allergia alimentare, in casi particolari, è data dal Test di Provocazione orale in ambiente protetto. Nel sospetto di reazione allergica che insorge a distanza dall’assunzione di un alimento l’unico test valido, ai fini della diagnosi, è la dieta di esclusione per alcune settimane che confermi la scomparsa dei sintomi, seguita dalla reintroduzione volta a dimostrarne la ricomparsa. I numerosi test diagnostici, attualmente in commercio e pubblicizzati come in grado di far porre diagnosi di “Intolleranza Alimentare”, sono privi di validità scientifica. Le allergie alimentari possono guarire? Le forme di allergia alimentare che non insorgono immediatamente dopo l’assunzione di un alimento (comunemente considerate intolleranze alimentari ndr) hanno una prognosi migliore rispetto al tipo di allergia alimentare che manifesta i suoi sintomi subito dopo aver mangiato un cibo. Infatti, in genere, si risolvono con il trattamento dietetico, durante i primi anni di vita. Al contrario, le allergie alimentari di tipo immediato, in una minoranza di pazienti possono permanere nel tempo e ciò è correlato anche al tipo di alimento (come nel caso della frutta secca o dei crostacei) responsabile della reazione avversa. Tuttavia, è sbagliato protrarre una dieta di eliminazione all’infinito, basandosi solo sulla persistente positività dei test allergologici, senza valutare periodicamente l’eventuale acquisizione della tolleranza tramite reintroduzione dell’alimento da eseguire in ambiente con personale sanitario con specifiche competenze. Le allergie alimentari possono essere fatali? In alcuni casi molto gravi di allergia alimentare si può scatenare, in seguito alla ingestione del cibo allergizzante per il paziente, una reazione sistemica definita Anafilassi o Shock Anafilattico. L’Anafilassi può essere fatale se non è trattata prontamente, di solito con una iniezione di adrenalina (epinefrina), farmaco salvavita per questi soggetti. L’adrenalina auto iniettabile va prescritta ogni qualvolta ci si trovi di fronte a pazienti che, nella loro storia clinica, presentino reazioni medio-gravi in seguito all’introduzione dei cibi verso i quali il soggetto risulti sensibilizzato.Quali regole alimentari è comunque bene seguire sempre a scopo preventivo? I pazienti che hanno presentato reazioni medio-gravi in seguito all’ingestione anche involontaria di alimenti per loro allergizzanti, sono tenuti a leggere in maniera molto rigorosa le etichette sulla confezione degli alimenti. La legge prevede che sia segnalata la presenza dei cibi che più frequentemente sono responsabili di Anafilassi (es. latte, uovo, pesce, crostacei, frutta a guscio, ecc.), anche se presenti solo in tracce. Inoltre, non bisogna mai dimenticare di portare con sé l’adrenalina auto iniettiva ed è indispensabile aver fatto un training formativo sul corretto uso di questo farmaco, in caso di necessità, prima ancora di chiamare sul posto il 118. Non esistono cibi che possano definirsi allergizzanti per un determinato paziente prima di essere introdotti nella dieta. In linea generale, comunque, è raccomandabile che, in un bambino ad alto rischio di manifestazioni allergiche (soggetti con un genitore, fratello allergico), i nuovi alimenti siano introdotti possibilmente uno per volta nell’alimentazione del piccolo paziente. La letteratura non consiglia più, allo stato attuale, di ritardare l’introduzione degli alimenti definiti più allergizzanti, nella dieta del bambino a rischio di allergia, con l’obiettivo di prevenire le manifestazioni allergiche. Pertanto, lo svezzamento del bambino a rischio di allergia, va fatto alla stessa epoca in cui si svezzi un bambino non a rischio, ossia intorno al quinto mese di vita.